lunedì 18 maggio 2015

LE PROSPETTIVE. DAL PATTO FEDERATIVO AL LABORATORIO DEL FARE. GLI INDIRIZZI FUTURI TRA BENI COMUNI, TRADIZIONE E RINNOVAMENTO

Dal congresso di Lavori in Corso.
Ultima parte.


Il patto federativo e la programmazione costituiscono gli elementi con i quali si renderà sempre più effettiva la collegialità nelle scelte. Occorre però allargare gli orizzonti e la visione politica ad obiettivi di più larga portata: il metodo è solo lo strumento, ma la finalità è salvaguardare il benessere collettivo, attingere alle risorse disponibili, mantenere livelli accettabili nella prestazione dei servizi alla comunità amministrata, rendere l’amministrazione sempre più trasparente. In un momento di grave difficoltà economica, il compito dell’ente locale, direttamente a contatto con i propri cittadini, diviene sempre più quello di facilitatore dei processi in atto verso obiettivi prioritari e definiti: il recupero dei centri urbani, il rinnovamento del patrimonio edilizio fatiscente, l’efficientamento energetico e lo sviluppo sociale, senza perdere di vista la tradizione e quei beni collettivi che possono concretamente dare nuove occasioni di rilancio della socialità e dell’economia. Consentitimi, a questo punto, di ravvivare il concetto un po’ sbiadito dell’autonomia che, purtroppo, forze ottusamente centripete, tendono ad elidere nel nome di inaccettabili politiche di bilancio decise altrove. Lo faccio citando un pensatore francese di oltre due secoli fa: Alexis De Toqueville che, nel descrivere magistralmente “la democrazia in America”, scrisse: “Posso ammettere che i comuni e le contee degli Stati Uniti sarebbero meglio amministrati da un’autorità centrale, lontana da loro ed a loro estranea (…) Tuttavia i vantaggi politici che gli americani ricavano dal sistema del decentramento, me lo fanno ancora preferire al sistema opposto (…) Vi sono in Europa dei paesi in cui l’abitante si considera come un colono, indifferente al destino del luogo in cui abita. I più radicali cambiamenti nel paese sopravvengono senza il suo concorso (…) la fortuna del suo villaggio, l’ordine della sua strada, la sorte della sua chiesa e della sua parrocchia non lo toccano affatto; egli pensa che queste cose non lo riguardino affatto (…) Come far sopportare la libertà nelle grandi cose a una moltitudine che non ha imparato a servirsene nelle piccole (…) Come resistere alla tirannide in un paese in cui ogni individuo è debole e gli individui non sono uniti da interessi comuni?”. Toqueville concludeva la sua riflessione con la constatazione che proprio gli stati democratici tendono a concentrare il potere in un solo governo locale che rappresenta direttamente il popolo, con il rischio che si compromettano i valori fondanti. L’autonomia degli enti locali va, dunque, assolutamente preservata ed anzi deve divenire effettiva.Dagli interessi comuni ai beni comuni il passo è breve. Beni comuni è un termine generico che si riferisce a risorse condivise da una pluralità di persone. Gli studi del premio Nobel per l’economia Elinor Ostrom hanno evidenziato beni comuni tradizionali e beni comuni della conoscenza. Si tratta di risorse a disposizione della collettività che possono essere minacciati da mercificazione, inquinamento, degrado e insostenibilità. Il riferimento è ai beni ambientali e culturali (monumenti, biblioteche, ambienti naturali), ma anche alle reti informatiche, ad internet e alla conoscenza scientifica. Si tratta di utilità che richiedono, oggi, una gestione efficace, con un approccio interdisciplinare e cooperativo, proprio da parte dei membri della comunità di riferimento. In tale contesto l’azione degli enti locali è fondamentale per trarre dai beni comuni tutti i vantaggi in termini di utilità per la collettività di riferimento, evitando le criticità cui accennavo. Non solo, dunque, i principi a cui abbiamo attinto nel fondare la nostra civica, ma la loro traduzione in regole di comportamento certe che facilitino le scelte in un’ottica di promozione dei commons (che non sono necessariamente di proprietà pubblica o comune). L’approccio a problematiche complesse non può dunque essere costituito sempre dall'azione diretta, ma richiede adattamento, conoscenza delle specificità, valutazioni comparative ed azioni comuni. In questo senso le realtà civiche, muovendo dalla tradizione, possono costituirsi in reti che valorizzino i beni comuni in ottica di condivisione, ma anche di regolazione, nell'interesse della comunità amministrata. Una rete di alleanze civiche sui temi del quotidiano. Proprio le comunità locali sono chiamate a dare risposte e Lavori in Corso può, con altre esperienze simili, contribuire ai bisogni e alle necessità delle nostre comunità, anche per allargare la nostra esperienza a livelli territoriali contigui, ma anche a livelli più estesi. Sulla base dell’esperienza amministrativa si può pensare ad una rete di civiche che, condivisi i valori universali, li traduca in buone pratiche a amministrative, trasformando le pastoie burocratiche in reagenti che facilitino i processi in atto, quando si traducono nella tutela e promozione di interessi generali condivisi. Un rete di alleanze che dia vita ad un’Alleanza Civica. Un’esperienza da scrivere.

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