domenica 10 aprile 2016

SE LE TRIVELLE RESTANO...

Il signor Enzo Marelli Miristela, pungente stiletto dei democratici di Cantù, mi offre il destro per tornare sull'argomento delle concessioni di coltivazione per idrocarburi. Sulla prima obiezione si tratta di sensibilità ed opinioni diverse: a mio avviso occorrerebbe molta più democrazia diretta ed il cittadino, nelle rare occasioni in cui è chiamato a compiere scelte importanti, deve rispondere votando e non lavandosene le mani. Sul secondo punto è meglio approfondire i temi per non incorrere in errore, lasciando la Casalinga di Voghera nel dubbio. Che la concorrenza sia in gioco, nella materia, lo prevede la legge di settore (d.lgs 25.11.1996, n. 625) che recepisce norme comunitarie. Inoltre, che alla scadenza della concessione non vi possano essere operatori interessati è tutt'altro che scontato, visto che la struttura per la coltivazione è già funzionante. Rinnovare senza termine di scadenza le concessioni resta, dunque, una violazione del principio di concorrenza. Infine, sul terzo punto, proprio non ci siamo: si dovrebbe sapere che, proprio in base alla legge, recepita nelle convenzioni stipulate al termine della gara con il concessionario, la parte del ripristino dei luoghi, a salvaguardia dell'ambiente, costituisce un preciso obbligo e non resterebbe alcuna piattaforma (che invece rimane sino all'esaurimento del giacimento, per legge, senza previsione di termini). Mi sembra giusto concludere con le stesse parole del signor Marelli che condivido pienamente: "E’ dunque del tutto evidente anche alla casalinga di Voghera che l’argomento meriterebbe una discussione meno strumentale e ben più pacata di quanto non succeda in queste settimane perché certo il futuro del Paese non dipende dall’esito del referendum ma un certo modo di fare politica si".

venerdì 8 aprile 2016

PRIMA CHE LA TRIVELLA CANTI

Mancano pochi giorni al referendum sulla durata delle concessioni petrolifere nelle acque territoriali dello Stato. Nel merito, al di là delle inchieste penali che lo hanno consegnato ad una rovente verifica sul Governo, vorrei ragionare in termini oggettivi. In primo luogo sull’astensione. Per la mia appartenenza ad una civica che ha fatto della democrazia, anche diretta, uno dei motivi centrali dell’azione politica, non è accettabile, nelle poche occasioni in cui siamo chiamati direttamente ad esprimerci su un provvedimento legislativo, chiamarsi fuori. Si o no. La pilatesca astensione non mi convince.
Ragioniamo, in secondo luogo, in termini europei, come è accaduto spesso, anche in occasione del provvedimento noto come “sblocca Italia”. La relatrice, onorevole Braga, nell’intervista rilasciata al Sole 24 ore affermava, all’indomani della sua approvazione: “Fondamentale, in particolare, il rafforzamento della trasparenza e delle concorrenza che otteniamo garantendo un più ampio accesso al mercato delle imprese, nella convinzione che l'Italia non si sblocca se non si garantisce alle imprese di accedere agli investimenti”. Il Trattato dell’Unione definisce la concorrenza un principio fondamentale. Le nuove direttive europee in tema di concessioni ed appalti, in attesa di recepimento, richiedono procedure concorrenziali e trasparenza. Allora mi chiedo: come garantisce la concorrenza (e la trasparenza) una norma che proroga sine die le concessioni, escludendo nuove procedure di gara? La concorrenza non è invocabile (o meno) a seconda della bisogna. 
Vorrei chiudere con un terzo argomento che rimanda alla vocazione del nostro paese. Le nostre coste meravigliose, le nostre città d’arte, il nostro paesaggio (peraltro già compromessi) possono trasformarsi nei territori desertici degli Emirati, della Libia o dell’Iraq? La bellezza dell’ambiente, la salubrità dei luoghi e la genuinità dei sapori non sono forse beni comuni primari da preservare per investire nel nostro futuro? Le royalties più basse d’Europa non giustificano alcun rischio.