sabato 7 novembre 2015

LE COSE COMUNI

Ci sono, in natura, processi sotterranei che, dopo un avvio lento e silenzioso, manifestano i loro frutti. Si tratta di fenomeni spontanei, che nascono dalla complessità degli ecosistemi. Non vi sono decisori, ma segnali che vengono colti dalle comunità organiche: il clima favorevole, la presenza di sostanze minerali, l’acqua ed altro ancora. Il risultato è davvero eclatante quando si manifesta in tutta la sua dimensione fisica.  Tali processi, pur con le dovute differenziazioni, possono avviarsi anche all’interno delle nostre comunità. Il polo aggregante potrebbe essere rappresentato da un bene comune, anche se non necessariamente. Le persone, in vista di un obiettivo condiviso, avendo la potenziale disponibilità di alcuni fattori e potendo conseguire materialmente delle utilità si organizzano stabilendo regole condivise di comportamento. Come è chiarito in alcuni importanti studi che si sono occupati di processi simili, vi sono circostanze e situazioni che determinano la durata ed il conseguimento, illimitato, degli obiettivi fissati dalla comunità di riferimento. La nostra civica, sotto questo profilo, ha svolto un ruolo eccezionale, favorendo la germinazione di alcuni processi spontanei. Il mio primo pensiero va agli ortisti che hanno dato vita ad un’associazione, stabilendo regole comuni di comportamento, che si occupata della materiale realizzazione ed assegnazione di orti da coltivare. Ma vi sono anche altre situazioni che possono essere indicate come l’esperienza civica dei volontari, le scelte partecipative rivolte alla riqualificazione dell’immobile un tempo destinato alla Pretura, la riqualificazione del parco di Mirabello. La funzione degli amministratori è stata, in questi casi, la messa a disposizione di competenze per facilitare i processi ed il difficile coordinamento con la burocrazia. Un ruolo ancora più incidente dell’indirizzo politico è quello concretizzatosi con le modifiche statutarie che hanno dato alla comunità canturina la possibilità di istituire assemblee nelle frazioni, nominare prosindaci e ricorrere con più facilità a strumenti di democrazia diretta. Sono quelle “infrastrutture” istituzionali (in natura gli enzimi) che possono determinare l’avvio di processi virtuosi, con la tendenza ad una forma diffusa di potere, comunque controllato dai partecipanti. Credo che i fenomeni corruttivi che in questi tempi si manifestano in tutta la loro virulenza avrebbero, in simili situazioni, ben poche possibilità di attecchire. La risposta alle esigenze della comunità viene dal basso se lo scopo è duraturo. Il taumaturgo, l’uomo del destino o il risolutore che viene da lontano non sono semi del nostro orto.

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