La democrazia esiste ancora? non è una domanda retorica, ma un interrogativo che dobbiamo porci nell'epoca della globalizzazione e della società liquida (teorizzata da Bauman, con l'industria della paura). Se volessimo cogliere i segni manifesti dei tempi che viviamo, ci accorgeremmo che la democrazia ha segnato il passo, lasciando che il potere si concentrasse in corporazioni finanziarie divenute, in Occidente, più forti degli stati nazionali. Lo comprova la nostra politica economica eterodiretta: non dobbiamo fare ciò che serve (interventi per la crescita), ma quanto i mercati (quali?) gradiscono. Le scelte sono affidate ai tecnocrati, ben decisi a privilegiare i programmi di ristrutturazione contabile del debito. Con il richiamo al patto di stabilità, ne fanno le spese anche i comuni che non hanno più alcun potere di spesa, spogliati della propria autonomia, riconosciuta dalla Costituzione, ma negata dai provvedimenti che limitano spese correnti e spese in conto capitale. I comuni sono, in sostanza, commissariati: a questo ci hanno condotto (e ci conducono) i manovratori della politica nazionale: è come porsi al posto di guida di un'auto cui hanno disabilitato i comandi. La democrazia, dunque, segna il passo anche negli enti locali. Naturalmente chi sino ad oggi ha amministrato Cantù, quale diretta emanazione (e ad imitazione) di quegli stessi partiti politici che hanno dimostrato la propria integrale inettitudine, ha contribuito al tramonto degli istituti democratici. Da qui, dal fondo (come ha detto Cacciari) dobbiamo ripartire per percorre, a ritroso, il cammino inverso, attuando la democrazia partecipata, dando slancio alle assemblee e al Consiglio Comunale, relegato a mero strumento di ratifica. Crediamoci.
Il titolo sopra ci dà occasione di notare che quando si dice: la democrazia sta morendo, democrazia in calo, la fine della democrazia, etc. non si usa il termine esatto. Parole più opportune sono: autoritarismo ed il suo complementare: autorevolezza. Questi due concetti si muovono in contrapposizione: quando sale l'uno cala l'altra e viceversa, mutando con continuità a seconda delle situazioni politiche. Il concetto di democrazia qualifica invece qualcosa di più statico: il sistema politico, il quale, quando muta, si rompe, si spezza senza gradualità.
RispondiEliminaIl quadro d'insieme si chiarisce con la regola:
- in presenza di assunti a vita nella Funzione Pubblica, i Governi tendono a divenire autoritari,
- in presenza di cittadini che si alternano nella Funzione Pubblica, i Governi tendono a divenire autorevoli.
Negli ultimi sessant'anni il nostro sistema politico non è cambiato molto. Lo schema è rimasto quello di un àmbito di governo circondato da acritici servitori fidelizzati a vita. Ogni qual volta la situazione politica si fa critica, i governanti, circondati da servitori incarnati nel ruolo, divengono più autoritari, rilassando un po' la pressione quando la tensione cala. I problemi non vengono però mai risolti per via della facilità a ricorrere all'autoritarismo e si ripresentano poi aggravati.
Quando invece i governanti sono circondati da cittadini che non cedono al ruolo (servono, sì, rimanendo però attenti e critici) la politica non può che divenire autorevole ed i problemi vengono risolti di volta in volta definitivamente. Con una Funzione Pubblica in mano ai servitori a vita, la verità non viene mai a galla ed i problemi non possono essere risolti. Con una Funzione Pubblica condotta da temporanei serventi che tornano ad essere semplici cittadini, la verità può emergere ed i problemi si dissolvono.
Ecco perché non conta quale partito vinca o chi ascenda al Governo: avendo attorno assunti a vita incarnati nel ruolo pubblico, qualsiasi leader politico, anche il migliore, finirà prima o poi per lanciare una carica di polizia contro i cittadini. Circondandosi invece di cittadini che usciranno dal ruolo e torneranno nella normalità civica, anche il peggior partito e leader politico dovrà fare i conti con la verità: la dovrà cercare e portare all'attenzione generale e, così facendo, il da farsi, leggero o pesante che sia, si produrrà dolcemente.
Dà una certa gioia che AUTOREVOLEZZA sia un termine femminile. Saremmo ancor più lieti se le donne, tipicamente comprensive e mediatrici, si coinvolgessero in quella che è una trasformazione epocale della società: la democratizzazione della Funzione Pubblica con la sua apertura potenziale ai cittadini tutti. In fondo è una riforma tesa a riequilibrare nel contenuto, metodo e scopo, il maschile col femminile. Sarebbero estremamente nobili, se, invece di lottare per una loro integrazione in un sistema ancora in gran parte tirannico, si impegnassero per una democratica partecipazione estesa ad ogni essere umano. Senza più alcuna esclusione.
Danilo D'Antonio
Il ricatto dei ruoli
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