Non è il richiamo alla cinematografia del neorealismo
italiano che mi induce alla citazione contenuta nel titolo: si tratta piuttosto
di un richiamo allo spirito dei canturini, sempre rivolto verso il milanese e
verso le qualità riconosciute che il capoluogo di regione sempre ci ispira: non
solo sotto il profilo economico, ma anche per gli aspetti morali e spirituali
della diocesi cui la città appartiene. Essere aperti significa avere la
capacità per comprendere le nuove problematiche che la complessità ci pone,
adattando le risposte a seconda delle necessità contingenti, senza però perdere
i riferimenti valoriali. Il governo della città non significa solo sostituire le
lampadine con i led o asfaltare le strade (interventi comunque importanti), ma
vuol dire riscoprire i valori della partecipazione nelle scelte, secondo un
principio di sussidiarietà: perché alle opere di arredo o di manutenzione che
riguardano un singolo quartiere deve provvedere la Giunta quando è possibile
che l’assemblea, strumento di cui la nostra maggioranza ha dotato l’amministrazione,
decida con maggiore cognizione di causa? Essere aperti vuol dire riconoscere
che il molteplice non ha risposte univoche e che le decisioni importanti sono
il frutto di processi, anche travagliati, in cui la comunità si interroga sulla
risposta migliore per affrontare i problemi imposti dai tempi. Alle chiusure
sono preferibili le aperture, anche di credito: è in gioco il nostro futuro.
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