lunedì 18 maggio 2015

LE PROSPETTIVE. DAL PATTO FEDERATIVO AL LABORATORIO DEL FARE. GLI INDIRIZZI FUTURI TRA BENI COMUNI, TRADIZIONE E RINNOVAMENTO

Dal congresso di Lavori in Corso.
Ultima parte.


Il patto federativo e la programmazione costituiscono gli elementi con i quali si renderà sempre più effettiva la collegialità nelle scelte. Occorre però allargare gli orizzonti e la visione politica ad obiettivi di più larga portata: il metodo è solo lo strumento, ma la finalità è salvaguardare il benessere collettivo, attingere alle risorse disponibili, mantenere livelli accettabili nella prestazione dei servizi alla comunità amministrata, rendere l’amministrazione sempre più trasparente. In un momento di grave difficoltà economica, il compito dell’ente locale, direttamente a contatto con i propri cittadini, diviene sempre più quello di facilitatore dei processi in atto verso obiettivi prioritari e definiti: il recupero dei centri urbani, il rinnovamento del patrimonio edilizio fatiscente, l’efficientamento energetico e lo sviluppo sociale, senza perdere di vista la tradizione e quei beni collettivi che possono concretamente dare nuove occasioni di rilancio della socialità e dell’economia. Consentitimi, a questo punto, di ravvivare il concetto un po’ sbiadito dell’autonomia che, purtroppo, forze ottusamente centripete, tendono ad elidere nel nome di inaccettabili politiche di bilancio decise altrove. Lo faccio citando un pensatore francese di oltre due secoli fa: Alexis De Toqueville che, nel descrivere magistralmente “la democrazia in America”, scrisse: “Posso ammettere che i comuni e le contee degli Stati Uniti sarebbero meglio amministrati da un’autorità centrale, lontana da loro ed a loro estranea (…) Tuttavia i vantaggi politici che gli americani ricavano dal sistema del decentramento, me lo fanno ancora preferire al sistema opposto (…) Vi sono in Europa dei paesi in cui l’abitante si considera come un colono, indifferente al destino del luogo in cui abita. I più radicali cambiamenti nel paese sopravvengono senza il suo concorso (…) la fortuna del suo villaggio, l’ordine della sua strada, la sorte della sua chiesa e della sua parrocchia non lo toccano affatto; egli pensa che queste cose non lo riguardino affatto (…) Come far sopportare la libertà nelle grandi cose a una moltitudine che non ha imparato a servirsene nelle piccole (…) Come resistere alla tirannide in un paese in cui ogni individuo è debole e gli individui non sono uniti da interessi comuni?”. Toqueville concludeva la sua riflessione con la constatazione che proprio gli stati democratici tendono a concentrare il potere in un solo governo locale che rappresenta direttamente il popolo, con il rischio che si compromettano i valori fondanti. L’autonomia degli enti locali va, dunque, assolutamente preservata ed anzi deve divenire effettiva.Dagli interessi comuni ai beni comuni il passo è breve. Beni comuni è un termine generico che si riferisce a risorse condivise da una pluralità di persone. Gli studi del premio Nobel per l’economia Elinor Ostrom hanno evidenziato beni comuni tradizionali e beni comuni della conoscenza. Si tratta di risorse a disposizione della collettività che possono essere minacciati da mercificazione, inquinamento, degrado e insostenibilità. Il riferimento è ai beni ambientali e culturali (monumenti, biblioteche, ambienti naturali), ma anche alle reti informatiche, ad internet e alla conoscenza scientifica. Si tratta di utilità che richiedono, oggi, una gestione efficace, con un approccio interdisciplinare e cooperativo, proprio da parte dei membri della comunità di riferimento. In tale contesto l’azione degli enti locali è fondamentale per trarre dai beni comuni tutti i vantaggi in termini di utilità per la collettività di riferimento, evitando le criticità cui accennavo. Non solo, dunque, i principi a cui abbiamo attinto nel fondare la nostra civica, ma la loro traduzione in regole di comportamento certe che facilitino le scelte in un’ottica di promozione dei commons (che non sono necessariamente di proprietà pubblica o comune). L’approccio a problematiche complesse non può dunque essere costituito sempre dall'azione diretta, ma richiede adattamento, conoscenza delle specificità, valutazioni comparative ed azioni comuni. In questo senso le realtà civiche, muovendo dalla tradizione, possono costituirsi in reti che valorizzino i beni comuni in ottica di condivisione, ma anche di regolazione, nell'interesse della comunità amministrata. Una rete di alleanze civiche sui temi del quotidiano. Proprio le comunità locali sono chiamate a dare risposte e Lavori in Corso può, con altre esperienze simili, contribuire ai bisogni e alle necessità delle nostre comunità, anche per allargare la nostra esperienza a livelli territoriali contigui, ma anche a livelli più estesi. Sulla base dell’esperienza amministrativa si può pensare ad una rete di civiche che, condivisi i valori universali, li traduca in buone pratiche a amministrative, trasformando le pastoie burocratiche in reagenti che facilitino i processi in atto, quando si traducono nella tutela e promozione di interessi generali condivisi. Un rete di alleanze che dia vita ad un’Alleanza Civica. Un’esperienza da scrivere.

lunedì 11 maggio 2015

L’IMPEGNO DI SEGRETARIO TRA PROSPETTIVE DI CONSOLIDAMENTO E CRESCITA E LA NECESSITA' DI CONTINUI INTERVENTI NELLA DIALETTICA INTERNA.


Dal Congresso di Lavori in corso. III parte.
Le dimissioni da Assessore non significavano, come avevo chiarito, anche pubblicamente, un disimpegno politico: al contrario la mia intenzione era quella di dare a Lavori in Corso il mio contributo da semplice militante, nel solco dei principi che hanno caratterizzato il percorso politico della civica, senza alcun attaccamento alla poltrona.Quando, in assemblea, si prospettò l’ipotesi di sostituire Andrea Brugnani che aveva deciso di dimettersi, dopo la meritoria conduzione della nostra civica, per l’impossibilità di proseguire il lavoro di segreteria congiuntamente con l’impegno in Consiglio comunale, ero perplesso. L’incoraggiamento di tante persone e l’unanimità dell’assemblea, mi convinsero ad accettare. Ho cominciato così un nuovo, delicato incarico, nella consapevolezza che la linea tracciata da Lavori in Corso ha segnato la politica locale (e non solo) con mutamenti importanti. Eravamo solo all’inizio di un formidabile lavoro per costruire un laboratorio di esperienze concrete, sul campo, atte a dimostrare che la politica la possono fare i cittadini direttamente, nelle assemblee, secondo i principi della sussidiarietà, tanto decantati dalle norme, quanto disattesi nella sostanza.Le difficoltà sono state subito evidenti: non era possibile agire sui temi generali perché l’attenzione dell’assemblea era sempre focalizzata sulle scelte amministrative. In particolare la segreteria, ha dovuto sopperire alle difficoltà organizzative che, sul piano sostanziale, minavano il necessario e stretto collegamento tra l’Assemblea e i componenti degli organi amministrativi.Occorreva, da un lato, rinsaldare i principi autenticamente democratici della nostra lista civica senza interferire con la gestione amministrativa, cui sono istituzionalmente preposti gli organismi eletti.Non una questione, come qualcuno erroneamente potrebbe pensare, di primato dell’assemblea sugli organi amministrativi, ma la direzione del movimento politico nel suo alveo originario: l’assemblea con i suoi militanti. Spesso vi sono stati momenti di confronto e scontro, ma alla fine i nostri valori ne sono usciti sempre consolidati. Non si è mai trattato, almeno da parte mia, di personalizzazione nelle posizioni assunte. Nessuno, del resto, ha mai messo in dubbio la collegialità nelle scelte fondamentali per la nostra città e spesso l’intervento dell’Assemblea ha determinato gli argomenti ed i temi di discussione, aprendo alla dialettica anche in ambito cittadino. Le assemblee di quartiere hanno trovato momenti importanti di partecipazione sui tanti argomenti che interessavano direttamente le frazioni (ad esempio le scelte, di ogni assemblea, sugli interventi di manutenzione). Lasciatemi dire che anche sul Piano Urbano del Traffico l’Assemblea ha avuto modo di intervenire, determinando un confronto ampio ed ancora aperto. La discussione e gli approfondimenti che abbiamo richiesto sono ancora in fase di completamento. Non è, come afferma una forza politica di opposizione, che grazie al loro intervento il P.U.T. si è fermato: al contrario sono prevalsi le ragioni fondanti della nostra civica, costituiti dal necessario percorso partecipativo che ha visto l’impegno degli assessori in prima fila nei quartieri per ascoltare anche i suggerimenti e le proposte dei cittadini.La partecipazione deve restare uno degli obiettivi fondamentali, anzi deve essere il corredo genetico della nostra civica.E’ solo attraverso la diffusione e la parcellizzazione del potere decisionale, secondo il principio di sussidiarietà, che si possono superare le gravi degenerazioni della politica a cui abbiamo assistito in questi anni, con la creazioni di aberranti organismi autoreferenziali. In questo senso l’assemblea ha rivendicato, a ragione, secondo i principi statutari, un primato della collegialità sull'individualismo, della partecipazione sul populismo. Abbiamo affrontato il tema dell’organizzazione della maggioranza che disperdeva molte delle sue energie in assemblee e consessi che si ripetevano per competenza, per singola forza politica, rendendo estremamente difficoltoso raccogliere momenti di condivisione davvero comuni. Lavori in Corso e Cantù Rugiada, pur essendo componenti autonome della stessa maggioranza, avevano la necessità di esseri maggiormente complementari l’uno rispetto all'altra. La consapevolezza di organizzare diversamente i luoghi della politica cittadina ha indotte entrambe le forze di maggioranza a tradurre i propri sforzi in un modulo nuovo che consentisse una sincronia di comunicazione e di intenti sui temi importanti per il futuro della nostra città.Insieme a Rugiada abbiamo pensato ad un patto federativo che, richiamando i principi universali cui le nostre rispettive liste si ispirano, consenta di operare su un terreno comune sacrificando, sino al termine del mandato amministrativo, alcuni spazi di autonomia per riaffermare il tema della coniugazione dei principi con l’agire concreto nell'ambito amministrativo. Il patto federativo prevede modalità nuove che fanno convergere le energie delle singole civiche verso lo scopo di dare effettiva attuazione al principio di collegialità nell’assemblea, divenuta di maggioranza. Ecco il testo (di cui cito solo alcuni punti)
PATTO FEDERATIVO DI MAGGIORANZA
Premesso:
che Lavori In Corso (LiC) e Cantù Rugiada (C.R.) sono liste civiche, componenti dell’attuale maggioranza che amministra la città di Cantù e che nei propri statuti riconoscono, quali momenti fondamentali della vita associativa delle rispettive liste civiche, il principio democratico;
- che nelle scelte amministrative più importanti per la comunità di riferimento il principio della collegialità è momento indefettibile;
- che ferma restando l’indipendenza delle liste civiche che compongono la maggioranza e il pari valore attribuito alle scelte delle singole assemblee sul piano politico, appare necessario, oltre che opportuno, nell'interesse del buon funzionamento della maggioranza e soprattutto nell'interesse della città, la convocazione di assemblee unitarie che condividano aspetti e problematiche che, per la loro importanza o comunanza di interessi, si ritiene utile affrontare congiuntamente;
- che allo stesso modo si ritiene opportuno coordinare i lavori delle rispettive assemblee attraverso l’intervento delle segreterie o dei direttivi delle liste civiche.
Tanto e premesso, è stabilito il seguente patto federativo, valido sino alla scadenza del presente mandato amministrativo o sino alla sua cessazione per qualunque causa.
1) E’ istituita un’assemblea, denominata di maggioranza, convocata di comune accordo tra le segreterie delle due liste civiche, almeno tre giorni prima. L’assemblea tratterà i temi individuati dalle segreterie e, nei casi in cui è richiesta l’espressione del voto, la deliberazione verrà presa a maggioranza dei presenti. Per la validità delle sedute dovranno essere presente almeno 10 membri, di cui almeno uno appartenente all'altra lista. L’assemblea di maggioranza sostituisce le riunioni di preconsiglio.
2) Le deliberazioni delle assemblea di maggioranza costituiscono decisioni di indirizzo politico di riferimento per i componenti degli organi amministrativi espressi dalle liste civiche.
3) Lic e C.R. si impegnano a convocare l’assemblea di maggioranza almeno una volta al mese. Nella prima fase di attuazione del presente patto l’assemblea sarà convocata settimanalmente e sarà successivamente valutata l’opportunità di mantenere tale periodicità. In ogni caso l’assemblea è convocata su richiesta delle rispettive assemblee che restano sovrane.
4) E’ istituita una segreteria, denominata congiunta, con il compito precipuo di coordinare i lavori dell’assemblea di maggioranza, di convocarla e di porre all'attenzione dell’assemblea medesima l’ordine del giorno elaborato sulla scorta dei suggerimenti che provengono anche dai singoli associati, o dalle stesse assemblee di lista. Con la convocazione dell’assemblea di maggioranza è automaticamente convocata la segreteria congiunta.
5) (…)
6) Le modificazioni del presente patto federativo dovranno essere deliberate dall'assemblea di maggioranza.
Con questo nuovo e rafforzato patto per il funzionamento dell’assemblea (che sta già dando frutti concreti) si auspica il superamento delle problematiche sopra accennate, con l’idea di superare il dibattito dell’emergenza, legato alla necessità delle scelte amministrative incombenti, attraverso la programmazione dei temi, cui potranno contribuire assemblea ed amministratori con l’unica finalità di consentire il necessario approfondimento, il dibattito ed il confronto per le decisioni che si riflettono sul futuro della città.

venerdì 8 maggio 2015

IL MIO RUOLO DI ASSESSORE, L'IMPEGNO ASSUNTO E LE RAGIONI DELLE MIE DIMISSIONI.

Dal Congresso di Lavori In Corso. Seconda parte.
Vinte le elezioni toccava, dunque, a noi tutti dimostrare di essere capaci di attuare quei principi che ci avevano sostenuto nei lunghi anni di opposizione in cui le amministrazioni di Lega e PDL che si erano succedute avevano, purtroppo per la nostra città, dato prova di incapacità amministrativa, di sperpero di denaro pubblico e di grave immobilismo. Inutile citare la sequenza dei gravi errori commessi che non hanno consentito a Cantù di svolgere quell'importante ruolo di polo di riferimento per il contesto territoriale che le spetta. Ho accettato deleghe molto gravose (Urbanistica, Ambiente, Lavori Pubblici, Trasporti e Viabilità) con spirito di servizio e con l’unico pensiero di dimostrare che, sia pure con tutte le difficoltà dovute alla pesante eredità del passato, era possibile perseguire quegli obiettivi che ci eravamo riproposti: dare finalmente un Piano di Governo del Territorio rispondente alle esigenze di contenimento del consumo di suolo perseguendo, nel contempo, finalità di rinnovamento del patrimonio edilizio esistente e di tutela e promozione ambientale, con l’ambizione di riportare sul tavolo regionale il tema del parco della Brughiera. Era, inoltre, indispensabile dare prova di un grande senso di responsabilità nell’affrontare la delicata e complicata questione del Palasport. Molti erano ancora i nodi da sciogliere ed era necessario rispettare la convenzione sottoscritta dalla passata Amministrazione. Ricorderete le questioni ancora aperte con i confinanti, l’autorizzazione provinciale per la captazione dell’acqua e altre temi irrisolti. Sotto il profilo ambientale occorreva preparare il nuovo bando per la raccolta dei rifiuti cercando di ottenere condizioni migliori che consentissero anche una riorganizzazione delle modalità di esplicazione del servizio. Per il trasporto pubblico locale bisognava porre termine alle corse delle linee esistenti con un numero di utenti talmente basso da non giustificarle. Nel corso dei venti mesi in cui ho svolto il mio ruolo di assessore ho cercato di dare il mio contributo per la soluzione di problematiche davvero complesse, cercando di contemperare l’azione amministrativa con la carenza strutturali di risorse, imposta da una politica nazionale miope ed ostile ai temi dell’autonomia locale.
Avevamo deciso di revocare il P.G.T. appena adottato dalla precedente maggioranza perché non rispondeva, in alcun modo, ai principi ed ai criteri che ci eravamo dati. In tempi ristrettissimi, imposti dalla legge regionale, siamo riusciti ad istituire l’Ufficio di piano, composto dai dipendenti del Comune, e ad adottare ed approvare lo strumento urbanistico. Quello che le passate amministrazioni non avevano fatto in sette anni, spendendo oltre un milione di euro, noi siamo riusciti a farlo in solo venti mesi, senza gravare le casse comunali. Peraltro il contenuto del piano è innovativo e va nel senso della semplificazione, con un occhio particolare alla tutela di ampie zone destinate, in passato, alla pianificazione e tornate alla fruibilità collettiva, con una attenzione particolare al riuso e alla rigenerazione urbana.
I pochissimi ricorsi in sede giurisdizionale confermano la bontà delle scelte intraprese.
Per il Palasport abbiamo lealmente sostenuto l’operatore impegnato nella realizzazione del Project financing, almeno sino a quando è stato possibile, rispettando le obbligazioni contrattuali assunte.
Per ragioni che non sono in alcun modo ascrivibili al nostro operato, l’esecuzione dell’opera si è arrestata definitivamente, costringendo l’Amministrazione comunale ad adottare gli ineludibili provvedimenti di risoluzione del contratto, per poi affrontare, ex novo, l’annosa problematica della sospirata casa della Pallacanestro Cantù.
Sul fronte del trasporto pubblico locale abbiamo proposto, con successo crescente, ad ASF, soggetto gestore, l’istituzione del servizio a chiamata, denominato, come sapete, BUS TU che ha consentito di razionalizzare, in base al flusso dei viaggiatori, le corse di un veicolo di piccole dimensione, più adatto ad attraversare la città in sicurezza. Si tratta di un servizio fortemente innovativo che segna un’importante discontinuità ed un indiscutibile progresso verso forme sostenibili e più rispondenti alle esigenze di una moderna mobilità urbana.
Sotto il profilo della tutela e della promozione ambientale abbiamo, con il Comitato per il Parco della Brughiera Briantea, dato sostanziale sostegno ed avvio al progetto per la costituzione, con legge regionale, del parco. Allo stato il progetto sembra concretizzarsi con l’estensione del parco delle Groane, creando i presupposti per una vasta area di tutela ambientale le cui finalità devono essere ancorate alla promozione ed allo sviluppo del nostro territorio, con la valorizzazione dei beni ambientali e culturali, patrimonio inestimabile anche della nostra comunità di riferimento (complesso monumentale di Galliano, Cascina Santa Naga e ambito delle cascine)
Nei miei venti mesi di esperienza amministrativa ho conosciuto ed apprezzato le professionalità che operano all'interno dell’Amministrazione comunale: con i dipendenti abbiamo conseguiti importanti obiettivi che dimostrano quanto sia importante valorizzare le strutture e le risorse interne per coinvolgerle nelle finalità che ci ripromettiamo nello svolgimento dell’azione amministrativa.
Devo ora giungere al passo più delicato. Chiarire, definitivamente, le ragioni per cui ho ritenuto necessario non concludere l’impegno che mi ero assunto con la nomina ad Assessore. La scelta è stata, per me assai dolorosa, ma inevitabile. Da tempo, come è noto, non condividevo modalità di esternazione non concordate, sulle problematiche interne ed esterne all'Amministrazione. Non condividevo neppure taluni atteggiamenti con toni inutilmente duri, volti più a demolire che a costruire, con prese di posizione nette, anche laddove le questioni non erano ancora chiare nei dettagli.
Mancava, a volte, il coinvolgimento sui temi generali e locali e neppure gli obiettivi di molte sortite sui media erano chiari. Non condividevo e non condivido un atteggiamento presupponente, a volte sprezzante, con la pronuncia di inutili e semplicistiche sentenze non necessarie, né richieste, ma che rischiavano (e rischiano) di compromettere i processi in atto ed il conseguimento delle finalità proprie della gestione amministrativa a cui siamo, in primo luogo, chiamati. Ho comunicato, in più occasioni, anche in assemblea, il mio malessere e pur avendone avuto il sostegno, la situazione non è mutata.

Ho dovuto, pertanto e mio malgrado, prendere atto che non esistevano più le condizioni per proseguire il mio lavoro all'interno della Giunta ed ho comunicato le mie dimissioni.

martedì 5 maggio 2015

1. LA NASCITA DELLA CIVICA, I VALORI CHE ESPRIME ED I PRINCIPI FONDANTI

Dal Congresso di Lavori In Corso. Prima Parte
 (19 aprile 2015)
L’esperienza di Lavori in Corso nasce alla fine degli anni 90. Dopo le delusioni della stagione referendaria del 1993 (con il referendum sul maggioritario) e le illusioni della c.d. seconda repubblica a tutti noi appariva evidente l’inadeguatezza dei partiti politici.
Nonostante l’art. 49 della Costituzione preveda che «tutti i cittadini hanno il diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere in modo democratico a determinare la politica nazionale» questi soggetti avevano fallito il loro obiettivo. Non si trattava di consessi partecipati in grado di esprimere, democraticamente, un indirizzo politico, ma piuttosto di consorterie chiuse in cui l’esercizio (e la conservazione del potere) costituivano la ragione principe della loro stessa esistenza. 
I tentativi della Lega e di Forza Italia di costituire una via d’uscita alla stagione di tangentopoli sono drammaticamente falliti insieme con le speranze del nostro Paese di gestire e superare indenne la crisi sistemica che ancora attanaglia il sistema economico.
Del resto anche il centrosinistra non aveva in alcun modo dato risposte risolutive all'impellente necessità di cambiare: tra liberalizzazioni presunte ed altre sulle quali è preferibile stendere un velo, le riforme mancavano drammaticamente all'appello e la frantumazione dello stesso schieramento di governo, mostrava ancora una volta l’intrinseca debolezza di un’aggregazione che si coagulava per sole finalità elettoralistiche, senza un reale progetto politico.
Restava un denominatore comune: la crisi della democrazia e lo scollamento sempre più evidente tra i cittadini e la politica, divenuta, nel migliore dei casi, bieco carrierismo, corsa ai privilegi, esercizio del potere nell'interesse di pochi, con l’immobilismo generato dai veti contrapposti delle cerchie ristrette dei poteri concentrici.
Meglio sorvolare sulle patologie più degeneri del sistema politico, come i gravi fenomeni corruttivi, il nepotismo, il pervasivo e diffuso clientelismo che impediscono ai più capaci e meritevoli di avere una chance, un’occasione per dimostrare il proprio valore e contribuire ai progressi del Paese.  
Mentre il sistema Italia era alla corda e languiva in un torpore inaccettabile, non si intravvedeva alcuna via d’uscita.
A fronte del disseccamento progressivo di una visione politica che nel secondo dopoguerra era ancorata ai grandi valori civili della pace, dell’uguaglianza sociale (non solo formale), della fratellanza universale, ma anche connessa ai temi della libertà, della competenza e del merito quale indispensabile fattore di mobilità sociale per il rinnovamento di una classe dirigente legate a deleteri schemi familistici o di appartenenza, era necessario tornare alle origini, all'effettivo esercizio del metodo democratico, abbandonando, per quanto possibile, lo schema della democrazia rappresentativa che aveva contribuito alla progressiva degenerazione del sistema.
Occorreva partire dal basso, dalla politica locale, pur avendo, come riferimento, la dimensione globale dei grandi fenomeni che caratterizzano il presente: i flussi migratori, l’instabilità e la guerra ormai diffusa, anche a bassa densità in aree geografiche sempre vaste. Il formidabile sviluppo economico dell’Oriente e i noti fenomeni della delocalizzazione dei processi produttivi, sino alla crisi economica di questi anni.
Lavori in Corso nasceva dalla voglia di riportare al centro del discorso la politica alta, fondata sui valori di appartenenza al genere umano senza disuguaglianze formali e sostanziali, di promozione della socialità in ogni sua forma utile e desiderabile, di garanzia, per ciascun individuo, di sviluppare al meglio le proprie potenzialità e competenze in un ambito dialettico in cui le differenze costituiscono risorse e non causa di conflitto. In questa prospettiva era necessario riportare la partecipazione, il metodo democratico, la democrazia diretta, senza alcuna mediazione, tra i capisaldi del sistema politico, per confrontarsi sui grandi temi politici del presente, ma anche sulla gestione dei piccoli problemi del quotidiano. Alcuni padri nobili hanno ispirato il nostro cammino: Ghandi, Gramsci, Dossetti, Capitini, La Pira e tanti altri. Per ridare slancio ai valori, mettendosi, con spirito di servizio, a disposizione della propria comunità di riferimento.
La nostra carta dei valori, immutata, illustra il punto di partenza del percorso.
Abbiamo partecipato alle elezioni amministrative per tre mandati consecutivi: nel 2002, nel 2007 ed infine nel 2012. Nella prima occasione, partendo con pochi, ma fermi passi, lungo un cammino assai accidentato, abbiamo sfiorato il ballottaggio e nei successivi anni di ferma ed attenta opposizione abbiamo consolidato, con la forza delle idee e con il ritorno ai principi di democrazia e partecipazione, la nostra coalizione civica che, nel 2012, ha vinto le elezioni amministrative.
Un risultato forse unico nel panorama del nostro paese: i partiti politici tradizionali all’opposizione ed una lista autenticamente civica ad amministrare la città.
Un responsabilità enorme per dare fondamento a dieci anni di lavoro intenso e disinteressato di tanti di noi.