martedì 29 ottobre 2024

UN REFERENDUM COSTITUZIONALE

Il sottosegretario Nicola Molteni affida a Comozero le sue esternazioni.

Dal punto di vista giuridico, però, i suoi argomenti sono insostenibili.

Non si capisce, prima di tutto, che collegamento abbia la sentenza che dà esecuzione alla precedente non attuata dal Comune, con “la gestione e organizzazione della sicurezza sul territorio”, trattandosi semmai di questione che riguarda il governo del territorio e non l’ordine pubblico: Assalam non ha mai creato problemi di sicurezza.

Il seguito convulso ed in crescendo è ancora più denso di errori.

Afferma Molteni: “Senza la sottoscrizione e l’accettazione di intese ufficiali e formali, ovvero senza la dichiarata manifestazione di volontà di rispettare regole, princìpi, valori del nostro ordinamento giuridico come l’uguaglianza e la parità tra uomo e donna nel pieno adempimento dei precetti normativi nazionali, questa decisione rischia di essere insidiosa in tema di sicurezza e contraria ai valori della nostra Carta Fondamentale”.

Il sottosegretario dovrebbe, però, sapere che le intese previste dall’art. 8 della costituzione, certo auspicabili, non costituiscono condizione per l’esercizio del culto. La Corte costituzionale ha affermato a più riprese che anche le confessioni senza intesa godono di eguale libertà religiosa.

La confusione aumenta con il richiamo alla parità tra uomo e donna che, come noto, riguarda semmai il principio di uguaglianza (art. 3 della Costituzione), ma che non ha alcuna attinenza con il diritto di culto e con Assalam che ha dichiarato, in un recente Consiglio Comunale aperto, di condannare ogni forma di violenza e di discriminazione nei confronti delle donne.

Sarebbe inoltre “soccombente tra le giurisdizioni” l’interesse generale “alla sicurezza dei cittadini, delle comunità e dei luoghi e questo è un enorme problema sottovalutato soprattutto in un contesto di crisi internazionali e di estremismi come quello attuale”.

L’asserzione, non ben comprensibile, riprende il tema della sicurezza con accostamenti illogici, come se l’associazione Assalam avesse in qualche modo contribuito alle crisi internazionali o agli estremismi. 

Non merita, dunque, alcun commento.

Vi è poi la critica, debordante, alla sentenza: secondo Molteni le sentenze si criticano e si appellano. Dovrebbe, però sapere, che prima di tutto si eseguono, mentre il Comune di Cantù non l’ha eseguita, tanto da costringere il T.A.R. a commissariare il Comune in caso di mancato rilascio del permesso di costruire nel termine di trenta giorni.

Infine, Nicola Molteni non esclude: “un grande referendum popolare cittadino per chiedere ai canturini e ai comaschi se vogliono o no la moschea, che diventerebbe il principale luogo religioso di riferimento per un’area vasta e allargata provinciale, non solo canturina”. Con lo stigma conclusivo a “Chi tifa e sostiene ideologicamente la moschea” assumendosi “tutta la responsabilità di questa decisione per il futuro della comunità”.

Il sottosegretario, però, dimostra una scarsa conoscenza anche dell’ordinamento delle autonomie locali ed in particolare del suo Comune. Come noto, lo statuto del Comune di Cantù, all’art. 52, prevede che il referendum abbia ad oggetto una delibera di Giunta o di Consiglio oppure un regolamento. Non può svolgersi su atti amministrativi di esecuzione di norme legislative e regolamentari statali e regionali come nel caso del permesso di costruire. Figuriamoci un referendum sulla sentenza e su diritti costituzionali!