1. La Sindaca ha affermato: “In nessuna sede ed in nessuna circostanza è stata messa in discussione la libertà di culto di alcuno, non è compito né volontà̀ di questa Amministrazione entrare in un dibattito che, per sua stessa natura, non le è proprio”. La Costituzione deve essere applicata prima e al di sopra di ogni altra legge, anche da parte delle Amministrazioni comunali. Il diritto di culto è sancito dalla Costituzione ed è obbligo dei Comuni consentirlo e non ostacolarlo. Non c’è possibilità di “chiamarsi fuori”: una simile farisaica affermazione significa molto semplicemente non applicare la Costituzione e non applicare le sentenze della Consulta che ha sancito l’incostituzionalità della norma che imponeva il piano per le attrezzature religiose (n. 254/2019).
2. Nel comunicato si afferma: “l’azione comunale non ha in alcun
modo violato il principio costituzionale di laicità̀ dello Stato e di rispetto
della libertà religiosa”. Occorre ricordare alla Sindaca che in ben tre
giudizi il T.A.R. ha dovuto ordinare al Comune l’uso temporaneo dell’immobile
negato irragionevolmente. Inoltre, il T.A.R., con sentenza n. 164/2021, ha
statuito che a seguito della declaratoria di incostituzionalità della legge
regionale, il Comune, in presenza di richieste di insediamento di attrezzature
religiose, in applicazione della Costituzione, deve esaminare le domande ed
esercitare la potestà pianificatoria senza limitare la libertà di culto. La
sentenza è rimasta inattuata.
3. La Sindaca ha inoltre asserito: “A questo proposito giova ricordare che il Tar Lombardia nel 2018 ed il Consiglio di Stato nel 2021 hanno decretato in via definitiva che l’Associazione culturale Assalam utilizza abusivamente il capannone di Via Milano come luogo di culto, contrariamente a quanto previsto dalle destinazioni d’uso consentite”. La sentenza del Consiglio di Stato non ha affermato che l’esercizio del culto costituisce una destinazione d’uso non consentita dallo strumento urbanistico, né avrebbe potuto dirlo posto che, in realtà, il PGT consente la destinazione d’uso a luogo di culto come deciso con l’approvazione, in accoglimento dell’osservazione n. 313, presentata dalla proprietà dell’immobile. Pertanto, nel capannone è prevista la possibilità di insediare un’attività di culto. Ciò che ha rilevato il Consiglio di Stato è l’assenza del permesso di costruire. Occorre precisare, però, che il permesso di costruire, tempestivamente richiesto dall’Associazione, è stato negato esclusivamente per effetto della sopravvenuta modifica della legge regionale n. 12/2005 che ha introdotto la necessità del piano per le attrezzature religiose (norma poi dichiarata incostituzionale dalla sentenza della Consulta n. 254/2019).
4. La Sindaca ha dichiarato: “punendo invece l’Associazione Assalam per l’utilizzo abusivo di un bene per uno scopo diverso da quello autorizzato dalla legge”. Come riferito, non vi è alcun utilizzo per uno scopo diverso da quello previsto dal PGT (e dunque dalla legge). La sanzione – e non la punizione, da considerarsi autentico lapsus freudiano – concerne l’assenza del titolo, ovvero il permesso di costruire. Ma la ratio della norma (art. 31 d.P.R. 380/2001) è quella di acquisire l’immobile al patrimonio per demolire le opere abusive nell’ipotesi di inottemperanza. Nel caso di Assalam, come tutti comprendono, non è possibile “demolire” le persone che pregano. Pertanto, le finalità dell’acquisizione non sono assolutamente chiare e sembra che il Comune, per ragioni “punitive”, voglia acquisire l’immobile per obiettivi non enunciati e non in linea con la ratio normativa, considerato che l’edificio è stato realizzato conformemente alla legge ed allo strumento urbanistico (non vi sono opere abusive).
5. Infine, la Sindaca afferma: “Al di là del pasticcio
politico-ammnistrativo fatto da chi oggi se ne lamenta, nonché delle spese
giudiziarie cui il Comune ha dovuto far fronte in questi anni”. L’Associazione ha acquistato l’immobile solo dopo aver avuto la certezza
che il PGT consentisse l’insediamento nell’immobile. Una volta presentata la richiesta di permesso di costruire (2014), la Lombardia con legge (2015)
poi dichiarata incostituzionale (2019) ha imposto il piano per le attrezzature
religiose, la cui assenza ha indotto il Comune a negare il permesso. Chi ha creato il pasticcio? È come se ad un imprenditore fosse,
in via preliminare, dichiarato di poter insediare un’attività produttiva per
poi negarla dopo l’acquisto l’area e la richiesta di permesso per insediarla!
Quanto ai denari dei contribuenti spesi per non consentire l’esercizio
del diritto di culto, di questo risponde esclusivamente la Sindaca e la
maggioranza che la sostiene poiché l’art. 24 della Costituzione garantisce il
diritto di difesa.