La nobile commedia dell’arte
annovera, tra gli altri, Capitan Fracassa, il dottor Balanzone, Pulcinella Arlecchino e Colombina, prototipi di tanti caratteri tratti dalla vita reale
del tempo. Non è un caso che sia nata in Italia, un paese assai ricco di personaggi,
fonte inesauribile di intuizioni letterarie. Anche a Cantù gli spunti non
mancano e la vicenda dell’Associazione Assalam li ha messi in evidenza. Emerge
la figura del sottosegretario e onorevole Molteni che coglie la palla al balzo
per vantarsi dei “successi” della lega canturina, che avrebbe ottenuto
giustizia. In disparte il fatto che non guasterebbe al sottosegretario una più
attenta lettura della complessa vicenda, solo per non dimenticare che il T.A.R. Milano, con sentenza passata in giudicato, ha annullato il provvedimento
con cui il Comune aveva bocciato la richiesta del permesso di costruire di
Assalam. Il Comune lo ha nuovamente negato
(nonostante la
sentenza) e la vicenda è tornata al T.A.R. che deve ancora decidere. Lo sforzo
di memoria avrebbe fatto comprendere a Molteni il secondo passaggio della
sentenza che ha respinto l’appello incidentale del Comune (l’acquisizione
dell’edificio), in attesa della questione fondamentale: la decisione sul rilascio del
permesso di costruire. Bisogna anche aggiungere che Molteni ha una strana concezione
della Costituzione e dei diritti fondamentali. A parole dichiara di volerli
rispettare, ma nella sostanza li nega, sorvolando sulle decisioni della Corte
costituzionale che, proprio in relazione alla legge lombarda, ha affermato che
non sono necessari protocolli d’intesa per l’esercizio del culto (la n. 63/2016)
ed il piano delle attrezzature religiose (la n. 254/19, sentenza in cui la
stessa Assalam era coinvolta). Non resta, allora, che agitare lo striscione, partecipando
ad una manifestazione davanti alla sede di Assalam, dimentico del ruolo istituzionale
svolto al Ministero dell’Interno che impone l’imparzialità nei confronti di
tutti cittadini. Anche Alice Galbiati, incurante dell’effetto boomerang,
sbandiera le cifre da capogiro che il Comune avrebbe speso per la battaglia
legale: oltre 60.000 Euro dei canturini. Non dice, però, che quelle spese, ben
si sarebbero potute evitare con il confronto (sempre negato dal Comune) e con
il buon senso. Neppure riferisce quanto il Comune (e dunque i canturini)
avrebbero speso, quando era assessore, nel tentativo di salvare la poltrona del
Sindaco Arosio. Infine, proprio perché abbiamo a che fare con avvocati, lascia
di stucco addossare ad Assalam le responsabilità delle spese legali. Per due
motivi molto semplici. Il primo: se le spese sono compensate il Giudice, come
sanno gli avvocati, ritiene che non tutte le ragioni siano da una parte, altrimenti
avrebbe condannato Assalam a rifonderle. Il secondo: il diritto di difesa è una
garanzia costituzionale. Per Molteni e Galbiati Assalam avrebbe dovuto
rinunciare a priori alla difesa dei propri diritti: la concezione leghista
della Costituzione.