Se da lato fa piacere che
una realtà canturina così importante come il Gabbiano abbia
ricevuto l'attenzione ed il riconoscimento che merita per un progetto
davvero qualificante che coivolge l'immobile un tempo adibito a
caserma della Guardia di Finanza, dall'altro lato dobbiamo
constatare, amaramente, come la situazione finanziaria degli enti
locali non permetta di esprimere alcuna progettualità di ampio
respiro e che i Comuni, con il cappello in mano, devono attendere
che fondazioni private finanzino alcuni interventi. Mancano le
risorse per la manutenzione ordinaria, figuriamoci se è possibile
ipotizzare opere, riqualificazioni o ristrutturazioni del patrimonio
comunale. E mentre la Provincia, mestamente, abbandona il campo,
lasciando un vuoto da colmare (ancora non si sa come), continua la
progressiva sottrazione di autonomia degli enti locali, con un
percorso a ritroso rispetto al (solo) enunciato principio di
sussidiarietà. Forse, al posto delle Province, sarebbe stato meglio
sopprimere le Prefetture, baluardi inespugnabili dell'accentramento
amministrativo, con funzioni residuali che, con il decentramento
amministrativo, ben potevano essere attribuite in parte alle
medesime Province, in parte ai Comuni ed agli organi di Polizia. Al
contrario si decide di sopprimere enti territoriali che la
Costituzione definisce autonomi e che devono necessariamente essere
rappresentativi (art. 118 Cost: “I Comuni, le Province, le Città
metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti,
poteri e funzioni secondo i princìpi fissati dalla Costituzione”).
Diminuiscono le assemblee democraticamente elette, mentre rimangono
(e si rafforzano) gli uffici territoriali del Governo centrale. Renzi
sbandiera il risparmio così ottenuto, dimenticando di precisare che
i Consigli provinciali godevano di un mero gettone di presenza.
Proprio Renzi, brandendo a piene mani il populismo imperante, galoppa
verso la modifica del Senato, inventandosi, con un colpo di genio,
la camere di quelle autonomie che sta esautorando progressivamente.
Si crogiola nell'indennità zero, ma non dice che il Senato,
comunque, manterrà i suoi attuali costi di funzionamento e che i
suoi componenti (nominati in gran numero dal Presidente della
Repubblica – alla faccia dell'autonomia) per svolgervi le fumose
funzioni alle quali saranno chiamati, sottrarranno tempo prezioso al
governo delle città e delle regioni (per cui sono stati eletti) e
dovranno essere rimborsati per le spese di trasferimento, vitto e
alloggio nella capitale. Non era forse meglio attenuare il principio
del bicameralismo perfetto ed approfittarne per dimezzare il numero
dei membri del Parlamento (in U.S.A. la camera dei rappresentanti ha
quattrocentotrentacinque membri ed il senato ne conta 100)? Resta la
legge elettorale, davvero pessima, ideata da due eminenti esperti
(Renzi e Berlusconi): non introduce le preferenze e attribuisce quel
premio di maggioranza che nel 1953 (con ben diverso quorum, pari
almeno al 50 %) prevedeva la legge c.d. “truffa” abrogata l'anno
successivo. Allora avanti: come un rullo compressore!