Forse non tutti sanno quale compito grave ci è attribuito dai tempi, davvero opachi, che viviamo. Credo sia giusto che si sappia con quale difficoltà oggi si amministrano i comuni, con le difficoltà legate al dialogo necessario, ma difficile con l'apparato che, da tempo, in una deriva autistica, è involuto in sé stesso. Non è facile far comprendere la necessità di cambiare quando gli amministratori, da tempo, avevano un unico scopo: privilegiare l'inutile soliloquio e la propria immagine riflessa in vista di un futuro, del tutto incerto, di possibile evoluzione politica. Si aggiunga la continua progressiva diminuzione delle autonomie (nonostante la Lega!) con la sottrazione delle competenze e la fustigazione progressiva dettata dal patto di stabilità che costringe i comuni, come il giogo per i buoi, a tirare verso un'unica, frustrante direzione, senza neppure avere la possibilità di avviare l'atteso cambiamento. Ma a noi è toccato anche constatare quanto idiotismo si cela nei governanti regionali che hanno imposto, caso unico in Italia, una legge urbanistica a tempo per "punire" i comuni riottosi ed i cittadini con il blocco dell'attività edilizia in anni di tremenda crisi strutturale dell'economia. Ce ne sarebbe abbastanza per abbandonare la nave, senza temere processi o colpi di coda. Ma il senso di responsabilità ed il sogno di una città diversa restano sullo sfondo, a portata di mano. Come pensare di lasciare proprio adesso. Con un piccolo cedimento al fatalismo nietzschiano, occorre rinunciare ad interpretare la vita, con l'illusione di controllarne ogni risvolto, per accettarla con la semplicità d'un fanciullo che ancora conserva desideri, speranze del futuro migliore che ci attende.